A caccia di buona musica! 🎶
Ecco l’intervista al cantautore Meazza in occasione dell’uscita del suo nuovo singolo, “Le parti peggiori”! 💣

Ciao Meazza!
Sono Manuela di Musichunter, una realtà che esiste da molti anni in forma amatoriale e che adesso è in fase di restyling per adattarsi alle nuove esigenze in ambito musicale. Abbiamo l’obiettivo di valorizzare talenti emergenti e supportarli nel loro percorso.

Meazza come lo stadio… nome d’arte davvero originale e molto milanese!
Si, in effetti sono di Milano. Questo nome d’arte è nato tre anni fa in maniera del tutto casuale. Sono da sempre appassionato di calcio, tifoso interista. Stavo sfogliando un libro illustrato di calciatori: aprendo una pagina a caso è apparso Giuseppe Meazza.

Il tuo vero nome?
Mi chiamo Iacopo.

Sei molto giovane… Quando hai iniziato la tua avventura musicale?
Ho 27 anni, questa passione mi accompagna da sempre. Strimpello qualcosa con chitarra e piano, con i quali mi accompagno quando compongo. Pensa che ho anche avuto un passato da rapper: facevo parte di un collettivo che si muoveva tra Milano e Como, abbiamo fatto anche piccoli live.
Tre anni fa ho firmato un contratto ed è iniziata la mia esperienza come professionista.

Prima di allora, come immaginavi il tuo percorso?
Ho sempre provato ad inseguire questo sogno, poi nel tempo questa cosa è diventata sempre più seria. Fino a qualche anno fa, facevo tutto in casa, non c’era ancora un approccio professionale… chissà se avessi messo più cura
ed impegno già allora…
Ti racconto un aneddoto… se ricordi, una decina di anni fa, su Facebook, c’era la possibilità di creare pagine “fan”. Io avevo fatto una pagina che si chiamava più o meno “Noi perennemente in riserva…”. In poco tempo ero arrivato a trentamila iscritti! Su Facebook era ancora possibile mandare comunicazioni a liste lunghissime di contatti: così ho spammato a tutti quelli del gruppo un pezzo che avevo fatto con amici… pazzesco, mi sono arrivate anche minacce da chi non voleva ricevere cose diverse da auto o moto in riserva! Però alla fine ci ho guadagnato un sacco di visual!!
Che ridere…
Ora lavoro con professionisti, c’è una bella componente creativa, tante teste che ragionano. Li ringrazio tutti, da Marco Gin che ha creato la grafica della copertina di “Le parti peggiori”, al mio produttore Ioska Versari… tutti!

Qual è la cosa che più ti aiuta nel processo creativo? Hai una strategia? Un rituale?
Guarda, scrivo per necessità, è qualcosa di molto naturale, non ho particolari rituali. E’ importante avere qualcosa da dire, poi l’idea arriva. Vivo la musica come una sorta di terapia. Non sempre riesco a scrivere, ma quando questo accade si muove la parte inconscia, che spesso mi aiuta a fare luce sulle mie emozioni, sul mio stato d’animo… E’ quasi come calarsi in un pozzo e, quando sei completamente avvolto dal buio, accendere la luce… è una magia. Proprio come dice Vasco, il mio grande mito, “le canzoni Son come i fiori, nascon da sole, sono come i sogni… E a noi non resta che scriverle in fretta, perché poi svaniscono e non si ricordano più”.

Quali sono i tuoi riferimenti musicali? Che musica ascolti solitamente? Beh, come ti dicevo il mio riferimento principale è Vasco! Ho sempre ascoltato un po’ di tutto, dai cantautori italiani (De Gregori, Guccini, De Andrè) fino ad arrivare ai System of a dawn. Mi piace quando la musica ha un approccio fresco, sincero.

Com’è nato questo tuo ultimo progetto musicale, “Le parti peggiori”?
E’ raro trovare artisti che raccontino in maniera così sincera del “lato oscuro dell’amore”. E poi accade una cosa molto particolare in questo pezzo… c’è questo forte contrasto tra le parole, che raccontano di fatto di un dolore, e la musica, che invece è una melodia molto armonica, la tua voce quasi delicata.
Si hai colto bene. Si tratta di un contrasto voluto, frutto del lavoro con il produttore. E’ lui che ha avuto l’idea di dare una veste leggera, un sound elettropop a un testo intimo, che racconta senza troppi filtri di un amore tossico, che fa male. Quando scrivo, solitamente mi accompagno con uno strumento e creo un’idea melodica di massima. La musica rimane in bozza, tutto il lavoro di arrangiamento viene fatto con la produzione: è in questa fase che, insieme a Ioska, abbiamo pensato al contrasto parole-musica. Si tratta di un brano autobiografico, nato da un’esperienza reale: scrivere mi ha aiutato a definire con chiarezza i reali vissuti di questa storia, è stato terapeutico. “Le parti peggiori” è nata di getto una sera, l’ispirazione è arrivata come un forte bisogno di rielaborazione di quel che era accaduto. Spesso è difficile entrare in questi sentimenti così oscuri e dolorosi rispetto a quelli positivi, ci vuole una bella dose di coraggio. C’è una bellissima canzone che riesce a trasmettere bene un sentimento negativo legato ad una esperienza d’amore: è Crudelia, di Marracash.

Originalissima l’idea del love test! L’ho fatto anche io!
Si! Anche quest’idea è nata con il mio produttore, un po’ per sdrammatizzare il testo, un po’ per coinvolgere il pubblico in maniera autoironica. Beh, poi non ti nascondo che si tratta di un modo per far ascoltare la canzone! Infatti si conclude con il link Spotify e il messaggio “Complimenti! Sei stato onesto e hai dato il meglio per fare del peggio: ora ascolta Le Parti Peggiori di Meazza per non sentirti più solo!”

Bella la copertina! Sembrano i manichini di un crash test: c’è qualche collegamento con la frase del testo nella quale dici “ci siamo ribaltati dentro a un parcheggio”?
Certo, e’ così: due manichini di crash test che si amano, rende l’idea di questo amore fragile dove ci si fa male. L’autore è Marco Jin, un bravissimo street artist.

Mi è piaciuto molto anche il video: quelle colate di colore evocano proprio la sensazione di profondo disagio, quel la sensazione di sporcizia che rimane dopo aver fatto male all’altro. Sensazione che però si vive però anche quando l’altro ti appiccica addosso la sua visione delle cose e ti senti “sporco”.
Il video è nato da una mia idea: in origine, l’avevo pensato sempre girato in presa diretta (come quello finale) ma con un’invasione di mani, che tirano, pizzicano, sporcano con del cibo. Poi, attraverso il lavoro di squadra, la scelta è ricaduta su questa sceneggiatura, più immediata, più efficace. Le colate di vernice, lo sporco… che alla fine viene però lavato via, se c’è davvero l’amore.

Senti, come ti dicevo Musichunter punta a valorizzare talenti emergenti. Dunque colgo l’occasione per chiedere a te, che hai ormai qualche esperienza da professionista alle spalle: secondo te, di cosa ha bisogno un artista musicale per emergere? Conta più la fortuna o la bravura?
Beh, esperienze ne ho fatte in questi tre anni ma non ho ancora fatto il giro di boa… me lo chiedo spesso anche io, sai? Sento di essere sulla strada giusta, ma credo che si tratti di un discorso ampio, che apre a diverse possibilità. Personalmente, credo che sia fondamentale mettersi completamente in gioco, non aver paura, sporcarsi le mani, vivere appieno anche le cose difficili che ti accadono durante questo percorso e trarne insegnamento. Non devi mai parlare per costruzione: si tratta di un lavoro di introspezione ed è quella la cosa più difficile: essere onesti, sinceri e trasparenti, quello di cui parli deve essere quello che stai vivendo veramente. Inoltre chi ti è a fianco deve credere in te ed aiutarti a non mollare mai.

Poi c’è sicuramente una componente di casualità, ma credo che sia principalmente legata alle tempistiche: si devono creare le coincidenze giuste al momento giusto.

Quali sono i tuoi prossimi progetti? Dove ti immagini tra qualche anno?
Abbiamo tanta passione, ma soprattutto tanti brani già pronti per uscire. Capiremo come come muoverci, dipende da tanti fattori. Sceglieremo insieme se sarà meglio continuare ad uscire con singoli oppure se sia preferibile un ep. Queste poi sono anche strategie di marketing. La cosa certa è che non vediamo l’ora di poter tornare a suonare dal vivo!

Senti, per concludere… domanda alla Marzullo: se incontrassi il giovane Iacopo di qualche anno fa, ancora all’inizio del suo percorso, cosa gli diresti?
(ride) Ah! Gli direi sicuramente di fare tutto quello che ha fatto, di pedalare, di farsi il culo e soffrire! E sbagliare: non perdi nulla anche se sbagli qualcosa, anche gli errori fanno parte delle scelte che poi si rivelano essere quelle giuste! In questi anni ho imparato che più paura ho, più mi devo buttare: queste sono le esperienze che ricordi di più, perché sai che ce la puoi fare e quando l’hai fatto, oh come stai meglio!

Grazie di cuore Iacopo, è stato molto bello poterti intervistare. Ti auguro di dare gambe a tutti i tuoi progetti futuri!

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